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I Centri territoriali permanenti, le scuole di italiano per migranti e alcune associazioni di Torino hanno scritto una lettera di protesta contro i test di lingua italiana per ottenere il permesso di soggiorno di lunga durata (o per chi richiede per la prima volta un permesso di soggiorno). Insegnanti, presidi e quanti lavorano in associazioni e comitati al fianco dei migranti e che conoscono le loro reali condizioni di vita, ritengono che un esame non possa creare inclusione sociale nè tantomeno produca cultura, ma al contrario questo test di lingua introdotto dal governo nasce con il solo scopo di rendere la vita dei migranti in Italia più difficile e precaria di quanto già non sia.
I Ctp di Torino sostengono che l'introduzione del test di lingua sia innanzitutto uno spreco di denaro pubblico. Partendo infatti dal dato economico, si evince che la Provincia di Torino ha stanziato 500.000 euro e il Ministero degli Interni ha stabilito di retribuire insegnanti e presidi per il lavoro nelle commissioni giudicanti - svolto in orario eccedente da quello delle regolari mansioni scolastiche. I Ctp fanno notare che queste risorse concesse per lo svolgimento degli esami, potrebbero essere utilizzate per potenziare le scuole di italiano pubbliche e tutti i luoghi di formazione per migranti, posti in cui concretamente i migranti possono imparare l'italiano e familiarizzare con un'altra cultura. Invece le scuole di italiano e altri progetti miranti all'inclusione sociale sono stati oggetto di tagli costanti nonostante una domanda crescente.
Un esame non produce cultura, ma può produrre laute entrare per le scuole private. A fronte dei tagli alle scuole pubbliche, come tutto il mondo dell' istruzione e della formazione pubblica, i migranti saranno costretti a pagar caro presso scuole private dei corsi per poi superare l'esame e ottenere il permesso.
Il ministero degli Interni è disposto a pagare presidi e insegnanti della scuole per svolgere questi esami come se fossero dipendenti del Ministero, alla stregua quindi della Polizia di Stato, si legge nella loro lettera. Ma mentre il ministero paga volentieri uno straordinario agli insegnanti pur di dare l'impressione al suo elettorato di controllare il flusso migratorio, gli insegnanti la pensano diversamente: il loro mestiere è quello di insegnare, di sicuro non è quello di fare i poliziotti e i controllori per conto del Ministero dell'Interno.
Un pò come quando ai medici veniva chiesto non di curare i malati ma di denunciare i migranti irregolari.
Insegnare, produrre cultura, favorire l'inclusione sociale, l'immeticciamento della società e la rimozione di ostacoli all'apprendimento linguistico è il ruolo degli insegnanti che non ci stanno a decretare l'impossibilità per un migrante di ottenere il permesso di soggiorno solo perchè socialmente ed economicamente svantaggiati (perchè non hanno potuto permettersi un corso in una scuola privata o perchè non hanno mai potuto studiare nemmeno nel loro paese).
Per non essere complici è una coraggiosa presa di posizione di insegnanti e presidi che non si fanno comprare per quattro soldi da Maroni, ma che rivendicano invece la missione ideologica, e i principi deontologici, che sono alla base della loro professione.
Di seguito ecco i punti e le richieste dei firmatari della lettera:
In conclusione le insegnanti e gli insegnanti dei CTP
1) dichiarano la propria indisponibilità a diventare meri esecutori di norme e pratiche che rendono più precaria
la vita dei migranti e, di fatto, tendono ad espellerli dal tessuto sociale.
2) Dichiarano invece la propria totale condivisione qualora venissero individuati seri percorsi linguistici e
culturali basati sul riconoscimento di un diritto (allo studio, alla formazione, all’educazione permanente…..) e
non su un obbligo.
3) Chiedono siano potenziati i finanziamenti del Ministero dell’Istruzione per aumentare l’offerta di corsi per
adulti sia finalizzati all’attestazione di competenze linguistiche sia al conseguimento di titoli di studio.
4) Chiedono alla Prefettura e alle Istituzioni Scolastiche Regionali, di segnalare ai rispettivi Ministeri la
negatività delle disposizioni emanate e la richiesta di sospenderne l’attuazione.
5) Chiedono, alle reti scolastiche, alle organizzazioni di migranti, alle associazioni culturali, ai sindacati, di
organizzare una forte mobilitazione con momenti di confronto, informazione, formazione e protesta affinché la
conoscenza della lingua e della cultura italiana diventino un diritto di cittadinanza e non un momento di
esclusione.
6) Chiedono alle forze politiche democratiche di proporre leggi che favoriscano l’accesso allo studio dei
migranti attraverso norme incentivanti come, per esempio, potrebbe essere il riconoscimento, in caso di
avvenuta disoccupazione, di un percorso di studi ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno oppure la
regolarizzazione automatica di un immigrato clandestino che stia contemporaneamente lavorando e seguendo
un corso di studi statale.